La storia e cultura di Prezzo

Giosuè Maestri, Giusto Scaia, Silvio e Clemente Boldrini, Gregorio Scaia: questi sono solo alcuni dei nomi di uomini che alla fine del XIX secolo decisero di lasciare una vita povera, scandita dal rintocco del campanile e dai gesti sempre uguali da secoli della civiltà contadina, per cercare fortuna oltre l'Oceano, "de là da l'acqua", come si diceva. Molti finirono a Solvay (Stato diNew York), nella fabbrica di soda, e continuarono la vita da poveri, scandita stavolta dalla sirena dell'inizio e della fine del lavoro. Altri, però, furono più intraprendenti, e di loro si può continuare a parlare, perchè hanno scavalcato l'anonimato. Che dire, per esempio, di Giosuè "Gios" Maestri. Nel 1889 scoprì una miniera d'oro in Tasmania (regione dell'Australia). Quando tornò al paesello, costruì una villa che offre ancora la sua bellezza all'occhio: villa Dundas Australia.
E che dire dei fratelli Silvio e Clemente Boldrini? Partirono negli ultimi anni dell'Ottocento da Prezzo per lavorare alla costruzione della galleria del San Gottardo; poi furono a Parigi e quindi a Solvay, dove raggiunsero i parenti e gli amici del paese. Da qui (era il gennaio del 1898) decisero di partire per la grande avventura: la "gold rush", la corsa all'oro del Klondike. Tornarono dopo anni di dure esperienze con un bel gruzzoletto, che fecero fruttare. Silvio, in particolare, era un geniaccio, che a vent'anni inventò un meccanismo per far muovere i cavalli delle giostre. Continuò per tutta la vita ad attingere al pozzo della sua fantasia, inventando tra l'altro lo scambio ferroviario e meccanismi per la pulitura del salmone. E che dire di Giusto Scaia? Anch'egli partì da Solvay per lo Yukon. Giunse a Tofty, un villaggio a duecento miglia da Fairbanks, dove gestì un negozio di ferramenta e l'ufficio postale, ma fu soprattutto stimatissimo sindaco per lunghi anni. Queste storie "americane" ci vengono raccontate da un altro cittadino di Prezzo, Gregorio Scaia, anch'egli partito dalla valle del Chiese per conquistare il sudato "pane dalle sette croste" in una terra sconosciuta, sia pure in mezzo a tanti compaesani.